IL PASTORE RACCONTA LA VITA VISSUTA DURANTE IL PERIODO DELLA TRANSUMANZA

Testimonianze storiche dei primi anni del 1900 e personaggi viventi che hanno vissuto gli anni della transumanza post seconda guerra mondiali lasciano alle nuove generazioni come i pastori vivevano  la transumanza  in Puglia e a Pozzuoli, dove  portavano i greggi per  tutto il periodo invernale. I primi racconti sono stati quelli tramandati dai genitori e dai nonni che già nei primi anni del secolo scorso si recavano con i loro figli, ancora giovanissimi , nelle terre del Tavoliere delle Puglia e  a Pozzuoli dove gli abbondanti pascoli riuscivano a far svernare le migliaia di pecore provenienti dalle terre molisane.

Raccontava Giovanni che da piccolo fu portato a Pozzuoli per  fare da compagnia al pastore più grande e per essere impegnato durante la giornata a fare da guardia ai terreni coltivati, perché le pecore non andassero a brucare le semine di grano o altre piantagioni seminate durante la stagione.

Il pastore

Il Pastore più grande era il capo pastore che indossava il gabà o tabarro, un grande mantello nero che  gli serviva per ripararsi dal maltempo, oppure utilizzarlo per un giaciglio  improvvisato durante il giorno e durante la notte sostituiva la coperta.

Durante la giornata bisognava accontentarsi d n piezz d_pan (di un pezzo di pane)  e solo a la sera era previsto un pasto caldo dopo aver rimesso negli stazzi,  /recinti  appositamente localizzati nel posto per trattenere le pecore durante la notte). Tempi durissimi , tempi in cui la scuola era un privilegio per i solo ricchi, tempi in cui  non si conoscevano le scarpe, ma solo le cioce (comunemente chiamati “scarpitt” un tipo di calzature fatto con le pelli di animali, cuoio trattato, e con delle strisce di cuoio , correggia, avvolte sulle gambe per tenerli fermi ), tempi in cui si girava di notte con il lume a petrolio, tempi in cui si dormiva fuori e sul materasso con la paglia, mentre quello con le foglie di granone era già un lusso, tempi in cui il Molise vide partire migliaia di uomini per emigrare in America.

Gregge al pascolo sui monti di Capracotta – Molise

Dopo qualche anno  della fine  del conflitto mondiale del 1918 le cose cominciarono a cambiare, raccontava sempre Giovanni, le strade cominciarono a sostituìre i vecchi tratturi . Si cominciarono a vedere le prime biciclette, si comincio a fermare  l’emigrazione per gli Stati Uniti e cominciarono i primi trasferimenti per la capitale, Roma, in cerca di lavoro. La transumanza per la Puglia Pozzuoli si ferma solo durante i periodi di guerra riprenderà poi nei primi anni del 1950 con una nuova generazione che è tutt’ora vivente e che oggi racconta le sue esperienze vissute.

Cosa succedeva e quali erano i comportamento e i compiti  dei pastori e dei loro accompagnatori ( i ragazzi) durante la giornata passata a “pasc L pechra”  (a pascolare  le pecore).

I ragazzi piccoli durante la giornata venivano impegnati a mantenere il gregge unito e a fare da guardia ai terreni coltivati. I compagni fedeli per questa operazione erano anche i cani che su   comando e indicazioni dei ragazzi  raccoglievano la parte del gregge che sconfinava. Non esistevano durante la giornata tempi e spazi per noi, ci racconta Antonio, per i nostri giochi; fino a sera eravamo esclusivamente impegnati per accudire il gregge. A sera , una volta rimesse nel recinto le pecore venivano fatte passare, una alla volta, in una strettoia “p L  mògne” (per mungerle). Solo a tarda sera, dopo aver messo  a posto tutte le attrezzature e riportato il latte nel casolare si procedeva alla preparazione della cena composta da un pasto caldo e “n piezz d casc ch n piezz d pan”  ( un pezzo di formaggio con un tozzo di pane).

Antonio ci racconta ancora che non si faceva in tempo a finire di cenare e tutti noi piccoli ci abbandonavamo al sonno fino all’alba della mattina seguente. A Natale e Capodanno potevamo godere di qualche ora di libertà e dedicarla ai nostri giochi della fanciullezza. Il ritorno a primavera  nel Molise era una gioia, era come se avessimo toccato il cielo con le mani perché ritrovavamo i nostri amici e potevamo, almeno per qualche tempo, giocare e fare a nascondino a sera dopo aver anche qui  portato a “pasce L pechra  sui monti del Molise .

 

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